Carissimi,
siamo sul finire del semaforo giallo, spero che presto arrivi il verde.
Volevo proporvi la riflessione su due delle tentazioni che colpiscono la comunità cristiana, quindi, anche noi che viviamo la comunità di San Donato e Pulica.
Queste tentazioni sono: la mormorazione e il desiderio di primeggiare.
La mormorazione: ecco come San Filippo Neri, santo della gioia, affronta la gravità di questa cattiva abitudine.
“C’era tra le penitenti del santo, una donna assai dedita alla maldicenza, che non riusciva ad emendarsi da questa pessima abitudine.
Padre Filippo più volte l’ammonì severamente del male che causava al prossimo con la sua cattiva lingua, ma visto che era vana ogni parola, decise di venire a una correzione di fatto.
Un giorno, dopo averla ascoltata al confessionale, le domandò: “Cadete spesso in questo difetto?”.
“Spessissimo padre! Vi sono così abituata che neppure me ne accorgo”, rispose la penitente.
Dinanzi a sì franca accusa, l’esperto direttore d’anime capì che l’abitudine era ormai inveterata e che quindi bisognava ricorrere a qualche penitenza grave, tale da farle comprendere i tremendi effetti del peccato di cui si accusava.
“Figliuola mia” – continuò – “il vostro errore è grande, ma la misericordia di Dio è ancora più grande.
Ora voglio farvi toccare con mano tutto il male che avete fatto e che andate facendo con la vostra maldicenza.
Ecco dunque cosa dovete fare: il primo giorno di mercato comprerete una gallina morta, ma che abbia le penne…”
“Padre” – interruppe la penitente – “Ma che c’entra la gallina con la penitenza che mi dovete dare?”
“Statemi ad ascoltare che non ho ancora finito” – soggiunse il padre – “Dunque, con la gallina in mano, girerete per le vie della città togliendole per strada, poco per volta le piume.
Dopo che l’avrete spennata per bene, verrete qui da me, e vi dirò quel che dovrete fare”.
La penitente ubbidì puntualmente alle prescrizioni del confessore e poi andò da lui.
“Ora” – disse il santo – “che avete fatta quell’operazione, tornerete per quelle stesse vie dove siete passata, e raccoglierete ad una ad una tutte le piume della gallina che avete spennato, senza lasciarne attorno nessuna.”
“Ma, padre mio, mi chiedete una cosa impossibile!… Soffiava tanto vento che chissà dove avrà trasportato tutte quelle piume!”
“Lo so anch’io” – disse il santo – “ma con questo volevo farvi conoscere che le vostre maldicenze assomigliano a quelle piume.
Si, anche le vostre parole velenose sono state trasportate dappertutto; andate ora a ripigliarle se ne siete capace!
Com’è possibile che voi possiate riparare a tanto male che avete causato al prossimo con la vostra lingua?”
(Dai Fioretti di San Filippo Neri).
Il desiderio di primeggiare.
Gesù, nel vangelo di Marco, da buon conoscitore ed educatore del cuore, aiuta i suoi discepoli a prendere contatto con il desiderio di potere che si annida nelle loro profondità.
Il Maestro sa bene che coloro che hanno delle responsabilità devono tener presente quella subdola tentazione del potere, che è nascosta nell’esercizio stesso dell’autorità.
L’opposto dell’amore, difatti, non è immediatamente l’odio, ma il potere.
Ciascuno di noi ama le persone con le quali condivide l’esistenza quotidiana ma, al contempo, vuole che facciano ciò che noi desideriamo.
C’è in ognuno, nascosto, un desiderio di prevaricazione sull’altro.
Questo atteggiamento si ritrova nella famiglia, negli Istituti, nella Chiesa, nella società.
Gesù aiuta a prendere contatto con questa tentazione di prevaricazione.
È importante seguire il suo cammino di purificazione dal potere, perché aiuta ad intravedere lo stile che dovrebbe permeare il servizio di chi ha responsabilità espresso in un orizzonte spirituale.
Un testo di Marco (10,32-45) ne dà una esatta esplicitazione.
“[32] Mentre erano in viaggio per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano sconvolti; coloro che venivano dietro erano spaventati.
Prendendo di nuovo in disparte i Dodici, cominciò a dir loro quello che gli sarebbe accaduto: [33] “Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi: lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani, [34] lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciterà”.
[35] E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: “Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo”.
[36] Egli disse loro: “Cosa volete che io faccia per voi?”. Gli risposero: [37] “Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”.
[38] Gesù disse loro: “Voi non sapete ciò che domandate.
Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati con il battesimo con cui io sono battezzato?”.
Gli risposero: “Lo possiamo”.
[39] E Gesù disse: “Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo col quale io sono battezzato anche voi lo riceverete.
[40] Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato”.
[41] All’udire questo, gli altri dieci cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni.
[42] Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: “Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere.
[43] Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi sarà vostro servitore, [44] e chi vuol essere il primo tra voi sarà lo schiavo di tutti.
[45] Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”.
La gloria del mondo che si esercita con il dominio, deve essere evitata con cura dai discepoli.
Infatti, “tra voi” c’è il Figlio dell’uomo, c’è l’Umile, c’è l’Ultimo.
“Tra voi” è possibile un servizio vicendevole, perché “tra voi” c’è il Figlio.
Con lui possiamo prendere contatto con la nostra volontà di potenza e capovolgerla in servizio.
“Chi vuol diventare grande tra voi” (v. 43).
Anche nel Regno di Gesù c’è una grandezza che va desiderata e chiesta.
Lui stesso la desidera per noi.
Ma questa grandezza è il servizio: “Sarà vostro servitore”, sarà vostro diacono (v. 43).
Servo è colui il cui lavoro è dell’altro.
Servire, allora, è promuovere il bene dell’altro; è il contrario di servirsi dell’altro o asservire l’altro.
Accogliendo tutte le fratture e la volontà di potenza presente nel cuore dei discepoli, Gesù li accompagna verso questa paradossale novità.
Partendo dal loro desiderio di primeggiare, li aiuta ad entrare nell’altra ottica, li aiuta a trasformarsi in lui.
“Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (v. 45).
Prima il comando, quindi il motivo del capovolgimento di prospettiva.
Il Maestro e Signore “non è venuto per essere servito, ma per servire”.
Quindi vigiliamo su noi stessi, per non lasciarsi trascinare dove non c’è speranza e carità, tramite atteggiamenti che possono distruggere e non rinnovare e guarire le nostre vite e la nostra comunità, attraverso la riconciliazione e il servizio.
Una risposta a Semaforo giallo dicembre 2016